Il Cerchio dell'Amore è un ossimoro,
associazione degli opposti, un'utopia realizzata: non homo homini lupis,
l'uomo è per l'uomo un lupo, ma homo homini agnus,
l'uomo per l'uomo è un agnello.
Non c’è bisogno di conoscere il latino per capire ciò che vogliamo dire:
realizziamo la nostra (H)umanita(s) in un accordo che non si può chiamare religioso, laico od altro, perché comprende invece tutti gli esseri umani senza distinzione di idee e di sentimenti.
Lo affermavano gli antichi storici, lo promette Cristo, lo dice Margherita Hack, quando parla della presenza infinitesimale dell’uomo nell’universo stellato; ed a noi del cerchio dell’amore pare di vivere proprio questa realtà.
Quando siamo insieme per un lavoro non retribuito materialmente, ma che permetterà ad altri, bisognosi del necessario quotidiano, di affrontare più serenamente le difficoltà, siamo in un percorso empatico di affetto e, nello stesso tempo, siamo felici.
Ci incontriamo, ci conosciamo, usciamo dalla limitata cerchia familiare, che a volte soffoca la nostra individualità, ci sentiamo liberi di esprimere una creatività che spesso non sapevamo di avere.
Tutto questo nel cercare oggetti, nel confezionarli, nell’offrirli ad altri, per ottenere somme necessarie non ad opera di beneficienza, ma al lavoro di chi non ce l’ha o lo ha perduto, lavoro che porterà aiuto a chi ne ha bisogno.
Faccio un esempio: ci si procurano o si realizzano oggetti che vengono confezionati con garbo e venduti a cifre molto ragionevoli in uno spazio pubblico e anche in loco, nelle varie festività o ricorrenze, sotto il nome della Palestra delle Emozioni, ormai nota nella zona. Con il ricavato non si fa beneficienza, ma, per un periodo limitato, si offre ad un anziano bisognoso, ad una persona malata, ecc il lavoro di una persona in condizioni economiche difficili, che, correttamente retribuita, li accudisca per qualche ora.
Così si realizza il
Cerchio dell'amore: il gruppo di volontari iniziale dà e riceve ascolto, attenzione e affetto, facendosi un gran bene; chi ha bisogno di aiuto non si sente diminuito nella sua dignità da una carità pesante da sopportare ed allontana da sé l’asprezza dell’indigenza; chi assiste, sia pure temporaneamente, ottiene un lavoro valido, nel quale vengono messe in gioco non solo le sue competenze, ma pure capacità emozionali di dare e ricevere tenerezza, rispetto a chi ha bisogno di aiuto, in maniera solo apparentemente diversa dalla sua.
E' evidente che, nel moltiplicarsi di questi atti, emerge la cultura della solidarietà, da troppo tempo assente nelle situazioni pubbliche della nostra società; si combatte dunque con l’amore il grande male del nostro tempo, la solitudine, punto d’arrivo dell’individualismo sfrenato.
Se poi vogliamo solo essere pratici, è necessario operare con questo metodo (il cerchio dell’amore) nella famiglia, nella scuola, nelle istituzioni. Diamoci amore, calore, tenerezza, preveniamo l’enorme costo non metaforico, ma reale, della solitudine.